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LOCALIZZATORI D'APICE

 

 


   

 

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Casi clinici III

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I Localizzatori Elettronici dell’Apice

 

 


 

 

PREMESSA

 

 

la misurazione elettronica della lunghezza di lavoro e la conduzione elettrica nei tessuti

 

 

INTRODUZIONE ALLA COMPRENSIONE DEI FENOMENI ELETTRICI TISSUTALI

 

- STRUTTURA DELL’ATOMO
- IONI ED ELETTROLITI
- CARICA ELETTRICA, TENSIONE (VOLTAGGIO) E CORRENTE
- RESISTENZA E RESISTIVITÀ
- CIRCUITI ELETTRICI E CORPO UMANO
- CORRENTE ELETTRICA - LEGGE DI OHM – RESISTENZA
- CORRENTE CONTINUA E CORRENTE ALTERNATA
- REATTANZA INDUTTIVA
- REATTANZA CAPACITIVA
- IMPEDENZA E SUA MISURAZIONE
- CIRCUITO DI TIPO PURAMENTE RESISTIVO
- CIRCUITO (IDEALE) DI TIPO PURAMENTE INDUTTIVO
- CIRCUITO (IDEALE) DI TIPO PURAMENTE INDUTTIVO
- CIRCUITO (IDEALE) DI TIPO PURAMENTE CAPACITIVO
- CIRCUITO MISTO (CON RESISTENZA, REATTANZA INDUTTIVA E REATTANZA CAPACITIVA)
- CONDENSATORE
 

 

DISPOSITIVI ELETTRONICI PER LA MISURAZIONE DELLA LUNGHEZZA DI LAVORO
(ELECTRONIC ROOT CANAL LENGTH MEASUREMENT DEVICES) (ERCLMDS)

 

- LE ORIGINI
- IL LAVORO DI SUNADA

 

 

ERCLMDs - I DISPOSITIVI COMMERCIALI

 

 

Sezione I - CLASSIFICAZIONE PER GENERAZIONI

 

ERCLMDS DI I GENERAZIONE

 

ERCLMDS DI II GENERAZIONE

- IL CONTRIBUTO DI HUANG

 

ERCLMDS DI III GENERAZIONE
- ENDEX
- LA TEORIA DI KOBAYASHI E IL ROOT ZX
- L’APEX FINDER AFA (ALL FLUIDS ALLOWED)
- IL NEOSONO ULTIMA EZ
- ALTRI LOCALIZZATORI D’APICE DI III GENERAZIONE

ERCLMDS DI IV GENERAZIONE
- BINGO 1020/RAY-PEX 4
- ELEMENTS DIAGNOSTIC UNIT E APEX LOCATOR


 

Sezione II -classificazione in relazione al principio di funzionamento

 

- DISPOSITIVI BASATI SULLA MISURA DELLA RESISTENZA
- DISPOSITIVI BASATI SULL’OSCILLAZIONE A BASSA FREQUENZA
- DISPOSITIVI AD ALTA FREQUENZA (DISPOSITIVI CHE VALUTANO LA CAPACITANZA
- DISPOSITIVI CHE VALUTANO LA CAPACITANZA E LA RESISTENZA
- DISPOSITIVI CHE VALUTANO IL GRADIENTE DI TENSIONE (“VOLTAGE GRADIENT METHOD”) (DIFFERENZA IN IMPEDENZA

  CON TRE NODI)
- DISPOSITIVI A DUE FREQUENZE CHE MISURANO UNA DIFFERENZA DI IMPEDENZA
- DISPOSITIVI A DUE FREQUENZE, RAPPORTO DI IMPEDENZA (QUOZIENTE)
- DISPOSITIVI MULTIFREQUENZA

 

 

Interpretazione dei fenomeni elettrici misurabili

 

 

IL PUNTO

 

REFERENCES


 


 

 

 

 

PREMESSA

 

 

La scelta della sede in cui collocare il limite apicale del trattamento endodontico è, come già detto, ancor oggi oggetto di controversie. La costrizione apicale non sempre è presente, e può avere varia morfologia. La CDJ a volte non è localizzabile nemmeno istologicamente ed è collocata a diverso livello a seconda della parete canalare considerata. Il forame maggiore fa parte dell'area parodontale extra-endodontica. L'apice anatomico non ha un rapporto definito e costante con nessuna delle strutture precedenti. Ma vi è un problema aggiuntivo: nè le strutture precedenti, nè il forame minore, possono essere localizzati clinicamente in modo certo e preciso.

L'esame radiografico presenta svariate limitazioni e inconvenienti, universalmente riconosciuti.

Da qualche tempo, in ambito clinico, viene suggerito di collocare il limite apicale del trattamento endodontico in corrispondenza di un non ben definito "apice elettronico", come se si fosse raggiunta la certezza che sia esatta e non contestabile la misura fornita dai cosiddetti localizzatori elettronici dell'apice.

Il suggerimento non ha base scientifica.

La letteratura fornisce prova che la precisione di questi dispositivi è variabile e non assoluta. A volte studi differenti anche sullo stesso tipo di localizzatore riportano risultati controversi. La letteratura dimostra che questi dispositivi possono essere influenzati negativamente da fattori interferenti, fattori che sono diversi a seconda del tipo di dispositivo e a seconda delle diverse situazioni cliniche di misura.

Curiosamente, in ambito clinico, la fiducia assoluta che a volte viene dichiarata nella misurazione elettronica trova elemento di prova nel  dato radiografico. La radiografia, considerata imprecisa e poco attendibile per definire la lunghezza di lavoro, diviene dimostrativa dell'attendibilità della metodica che l'ha sostituita.

I localizzatori elettronici possono essere estremamente utili clinicamente. Ma i diversi dispositivi funzionano secondo principi diversi. Misurano entità fisiche diverse. Hanno diversa precisione in condizioni diverse di misurazione. Sono diversamente influenzati da fenomeni che possono costituire causa di errori di misura.

Infine, alcuni dispositivi sono progettati e/o costruiti meglio o peggio di altri.

I principi di funzionamento di questi dispositivi andrebbero, nelle linee generali, conosciuti da chi li utilizza. Questo consentirebbe di utilizzare il singolo strumento nelle condizioni più appropriate, di evitare in parte gli errori di misura, e di riconoscere e interpretare le misurazioni errate o instabili che a volte possono fornire.

 

 

 

 

 

     

la misurazione elettronica della lunghezza di lavoro e la conduzione elettrica nei tessuti

 

   

I localizzatori elettronici dell’apice nascono sostanzialmente come “ohmetri”. L’ohmetro è uno strumento che misura la resistenza al passaggio di una corrente elettrica. Nel caso dell’impiego dentale il passaggio di corrente avviene nel contesto dei tessuti: un elettrodo del dispositivo è applicato ad uno strumento canalare che percorre il canale, l’altro ad un piccolo gancio metallico che è in contatto con la mucosa orale (Fig. 1).

 

 

Fig. 1

  

In realtà, questi dispositivi non valutano la posizione dell'apice e la denominazione di  localizzatori elettronici dell'apice non è la più appropriata. Andrebbero più propriamente denominati “localizzatori elettronici del forame apicale” o “dispositivi elettronici per la misurazione della  lunghezza di lavoro” (ERCLMD: Electronic Root Canal Length Measurement) (Nekoofar et al. 2006). Il loro principio di funzionamento è basato sul fatto che la conduttività elettrica dei tessuti che circondano l'apice della radice è più grande della conduttività che si misura all'interno del sistema canalare, a condizione che il canale sia asciutto, o che sia riempito con  fluido non conduttivo (Custer 1918).

Per valutare la precisione degli ERCLMDs facciamo riferimento ai risultati  di studi in vivo e in vitro. Nella maggioranza dei casi gli studi in letteratura valutano la capacità dello strumento di individuare la costrizione, con un errore di ± 0.5 mm.

Quando si esamina la letteratura,  risultano evidenti due incongruenze.

La prima è che la costrizione, intesa in senso classico come la singola sezione apicale avente il minor diametro nel canale, spesso non esiste (Dummer et al. 1984).

La seconda è che i diversi studi pubblicati riportano percentuali di misurazioni precise (costrizione ± 0.5 mm) molto diverse, anche utilizzando lo stesso modello di localizzatore elettronico dell’apice. Questo non ha base logica. Una misura, definito come possibile un certo errore (ed è definito: ± 0.5 mm), deve essere ripetibile.

Gli studi sui localizzatori di II generazione riportano percentuali di misura precisa dell’83-93.4% (Busch et al. 1976, Plant & Newman 1976, Inoue & Skinner 1985, Trope et al. 1985,  Kaufman & Keila 1989, McDonald & Hovland 1990). Considerando quello che oggi è il più diffuso localizzatore al mondo, il Root ZX, in letteratura sono riportati valori di precisione (costrizione ± 0.5 mm) variabile fra l’83% e il 100% dei casi (Gordon & Chandler, 2004).

Quali sono le situazioni in cui i singoli ERCLMDs non funzionano? E perché in alcune situazioni non funzionano?

I produttori dei più recenti dispositivi elettronici dichiarano che i loro localizzatori individuano la costrizione apicale. La loro affermazione si fonda sul fatto che questi nuovi dispositivi funzionerebbero secondo principi elettronici diversi rispetto ai primi localizzatori, che operavano registrando una resistenza elettrica. Risulta però evidente che le loro affermazioni non sono giustificate. Ad esempio, Hoer & Attin (2004) riferiscono di aver ottunuto la precisa localizzazione della costrizione apicale soltanto nel 51-64% dei canali, a seconda del dispositivo usato, mentre riuscirono a localizzare l’area collocata tra il forame minore e maggiore nell’81-82% dei casi. Welk et al. (2003) inoltre hanno segnalato che i vari tipi di ERCLMDs localizzavano il diametro minore nel 34.4-90.7% dei casi.

A causa dei rischi connessi con l’uso delle radiazioni, dei problemi tecnici legati all’impiego del mezzo radiografico, e allo scopo inoltre di evitare strumentazione al di fuori del limite apicale del canale radicolare, la determinazione elettronica della lunghezza di lavoro ha acquisito popolarità sia tra i dentisti generici che fra gli endodontisti. La determinazione elettronica della lunghezza di lavoro è inoltre più conveniente per il paziente, perché non comporta l’esposizione a radiazioni, e può di conseguenza essere effettuata senza rischi anche durante la gravidanza (Trope et al. 1985).

Purtroppo, la maggior parte dei produttori non fornisce informazioni precise sulle caratteristiche dei dispositivi prodotti, né sui principi elettronici su cui il loro funzionamento si fonda.

Verrà dapprima presentata una introduzione contenente alcuni concetti di elettronica di base, necessari per comprendere i fenomeni elettrici tissutali nonché i circuiti e i dispositivi elettronici di misurazione. Di seguito verranno classificati i diversi ERCLMDs e verrà discusso il loro funzionamento.

 

 

 

 

 

Introduzione alla comprensione dei fenomeni elettrici tissutali

 

 

   

Struttura dell’atomo

 

Per capire i principi fondamentali di elettronica deve essere definita la struttura dell'atomo, che è la più piccola particella di un materiale che mantiene le sue caratteristiche. Gli atomi sono costituiti da elettroni, da protoni e da neutroni. Secondo il modello classico del Bohr (Coombs 1999), gli atomi hanno una struttura planetaria che contiene un nucleo centrale circondato da elettroni orbitanti. Il nucleo consiste di particelle caricate positivamente denominate protoni, e di particelle prive di carica denominate neutroni. Le particelle dotate di carica negativa sono denominate elettroni. Gli elettroni orbitano intorno al nucleo di un atomo a determinate distanze da esso. Gli elettroni che sono nelle orbite più lontane dal nucleo sono meno strettamente legati rispetto a quelli più vicini al nucleo, perchè la forza di attrazione fra il nucleo caricato positivamente e l'elettrone caricato negativamente diminuisce con l'aumento della distanza dal nucleo. Di conseguenza gli elettroni che si trovano nellle orbite esterne di un atomo sono meno strettamente legati all'atomo stesso. Per esempio, nell'atomo di rame le orbite più esterne hanno un elettrone e quando quell'elettrone acquista sufficiente energia termica può staccarsi dall'atomo d’origine e divenire un elettrone libero. Nel rame a temperatura ambiente è presente un gran numero di questi elettroni liberi, che non sono legati ad alcun atomo e sono liberi muoversi. Gli elettroni liberi rendono il rame un eccellente conduttore e rendono possible il passaggio di una corrente elettrica. Altri materiali conduttivi possono avere caratteristiche simili, ma con conducibilità differente determinata dalla loro struttura atomica.

 

 

 

Ioni ed elettroliti

 

Quando in un atomo il numero di elettroni cambia, cambia anche la carica elettrica. Se un atomo guadagna elettroni, si crea uno squilibrio di particelle caricate negativamente e l’atomo diventa negativo. Se un atomo perde elettroni, l'equilibrio fra le cariche positive e negative è spostato in senso opposto e l'atomo diventa positivo. Nell’uno o nell’altro caso la grandezza (+1, +2, -1, -2, etc.) della carica elettrica corrisponderà al numero di elettroni guadagnati o persi. Gli atomi che trasportano cariche elettriche (senza riguardo al fatto che siano positive o negative) sono definiti ioni. Un catione è uno ione che ha perso elettroni ed ha acquistato una carica positiva; un anione è uno ione che ha guadagnato elettroni ed ha acquistato una carica negativa. Non solo si può avere un flusso di elettroni lungo un filo conduttore in un circuito elettrico, ma gli elettroni possono anche essere trasportati attraverso l’acqua se essa contiene ioni in soluzione. Le soluzioni ioniche che conducono l'elettricità in un modo simile ad un filamento conduttore sono denominate elettroliti. La conduttanza degli elettroliti è il risultato del movimento degli ioni attraverso la soluzione verso gli elettrodi. Quando due elettrodi in una soluzione sono parte di un circuito elettrico completo, i cationi (+) sono attratti dal polo negativo (catodo) e gli anioni (-) sono attratti dal polo positivo (anodo). La conduttività di ogni singolo ione sarà influenzata dalla facilità con cui lo ione può muoversi attraverso l'acqua. La facilità con cui ogni ione si muove in una soluzione dipende da fattori quali la carica totale ed la dimensione dello ione. I grandi ioni offrono maggiore resistenza rispetto ai piccoli ioni al movimento attraverso l'elettrolita. Più grande è il numero di ioni presenti, più grande è la conduttività elettrica della soluzione.

 

 

 

Carica elettrica, tensione (voltaggio) e corrente

 

La carica elettrica, simbolizzata da Q, può essere positiva o negativa. L'elettrone è la più piccola particella con carica elettrica negativa. Quando in un materiale è presente un eccesso di elettroni, si crea una carica elettrica negativa netta e, per contro, una carenza di elettroni produce una carica elettrica positiva netta. Materiali con cariche di polarità opposta si attraggono, e materiali con cariche di polarità simile si respingono. Per vincere le forze di attrazione o repulsione,  portando così le cariche opposte ad una data distanza, deve essere usata una certa quantità di energia sotto forma di lavoro. Tutte le cariche opposte separate possiedono una certa energia potenziale. La differenza di energia potenziale delle cariche opposte corrisponde alla tensione. La tensione, il cui simbolo è V, è la forza elettroconduttrice nei circuiti elettrici, ed è ciò che crea la corrente elettrica. L'unità di misura della tensione è il Volt. La tensione fornisce agli elettroni o agli ioni l'energia che permette loro di muoversi all’interno di un circuito. Questo movimento corrisponde alla corrente elettrica il cui simbolo è I. L'unità di misura della corrente è l’Ampère.

 

 

 

Resistenza e resistività

 

Quando è presente una corrente di elettroni liberi in un materiale, gli elettroni si scontrano occasionalmente con gli atomi. Questi scontri fanno sì che gli elettroni perdano parte della loro energia e riducano così il loro moto. Più scontri si verificano, più il flusso degli elettroni si riduce. L’opposizione al flusso degli elettroni è denominata resistenza ed è indicata come R. La resistenza è espressa in Ohm (Ω).

Quando la corrente elettrica è costituita da ioni, la corrente viene ridotta attraverso meccanismi diversi. Quando una tensione (differenza di potenziale) è applicata fra due punti in un elettrolita, gli ioni di carica opposta saranno attratti fra loro e si muoveranno fra i diversi punti producendo una corrente. La resistenza di tali soluzioni elettrolitiche dipende dalla concentrazione degli ioni presenti e dalla loro natura, e soprattutto dalla loro carica e mobilità.

La resistività elettrica, anche detta resistenza elettrica specifica, è l'attitudine di un materiale a opporre resistenza al passaggio delle cariche elettriche. La resistività ρ è correlata ad R attraverso l'espressione:

ρ = RA / l

dove:

ρ   è la resistività statica misurata in  Ohm per metro (Ω m)

R   è la resistenza elettrica di un campione specifico di materiale (misurata in Ohm)

l    è la distanza fra i punti tra i quali è misurata la tensione (misurata in metri)

A  è l'area della sezione del campione perpendicolare alla direzione della corrente (misurata in metri quadrati).

Per ogni materiale, ρ può essere un valore costante ad una data temperatura. Quindi, la resistenza di un oggetto può dipendere semplicemente da tre fattori: (i) resistività, (ii) lunghezza e (iii) sezione trasversale. La formula per la resistenza di un oggetto della lunghezza l e della sezione trasversale A è:

 

R = ρ l / A

 

La formula mostra che la resistenza aumenta con la resistività e la lunghezza del conduttore, e diminuisce con l’aumentare della sezione trasversale. Infatti, la resistività (ρ) è il parametro  che discrimina i materiali conduttivi dagli isolanti. Gli isolanti non possono condurre correnti elettriche, perché tutti i loro elettroni sono strettamente legati ai loro atomi. Un isolante perfetto non consentirebbe il passaggio di nessuna carica. Tuttavia, non si conosce alcuna sostanza perfettamente isolante a temperatura ambiente. Gli isolanti migliori oppongono una elevata resistenza, ma non una resistenza assoluta, a temperatura ambiente. Per esempio, la resistività dell'osso umano del torace alle temperature normali è circa 16000 Ω m-1 (Geddes & Baker 1967), mentre quella del sangue è 100 volte di meno ed approssimativamente 162 Ω m-1. Quindi, l'osso è un conduttore elettrico relativamente scarso, mentre il sangue è un conduttore relativamente buono .

 

 

 

Circuiti elettrici e corpo umano

 

E’ la corrente che attraversa il corpo, non la tensione, che causa uno shock elettrico. Quando un punto del corpo viene in contatto con una tensione e un altro punto viene in contatto con una tensione differente, ci sarà una corrente che attraversa il corpo da un punto all'altro. La severità della scossa elettrica risultante dipende dalla grandezza della tensione e dal percorso compiuto dall corrente attraverso il corpo (Bridges 2002).

Per misurare gli effetti della corrente sul corpo umano, dovrebbe essere calcolata la quantità di corrente. La quantità di corrente dipende dalla differenza di potenziale, dall'impedenza che determina la differenza di potenziale e dalla resistenza all'interno del corpo che i tessuti interposti fra i punti del contatto oppongono al flusso di corrente (Niple et al. 2004). Il corpo umano ha resistenza che dipende da molti fattori, tra cui la massa corporea, l'umidità della pelle ed la natura e l’area di contatto del corpo con la tensione applicata. Il corpo umano non percepisce correnti inferiori ad alcuni milliampère (Gandhi 2002). Tuttavia, una corrente di un centinaio di milliamperes causerà danni mortali, particolarmente se è applicata per parecchi secondi (Bridges 2002).

 

 

 

Corrente elettrica - Legge di Ohm - Resistenza

 

La resistenza rappresenta l’opposizione statica che la corrente elettrica incontra percorrendo un conduttore. Dipende dalla natura del conduttore, è direttamente proporzionale alla sua sezione, e inversamente proporzionale alla sua lunghezza.

La legge di Ohm descrive il rapporto matematico fra tensione, corrente e resistenza in un circuito. Ohm determinò che se la tensione attraverso un resistore aumentava, la corrente che percorreva il resistore aumentava anch’essa. Per contro, se la tensione diminuiva anche la corrente diminuiva. La legge di Ohm inoltre mostra che se la tensione (V) è mantenuta costante, in presenza di una minor resistenza (R) si avrà  più corrente (I),  e in presenza di una maggior resistenza si avrà  minor corrente. La legge di Ohm può essere descritta come segue:

 

 

I = V / R          oppure          V = I R          oppure          R = V / I

 

 

R  resistenza misurata in Ohm

V  tensione applicata misurata in Volt

I   intensità di corrente misurata in Ampere

 

 

Le soluzioni elettrolitiche obbediscono alla legge di Ohm proprio come i conduttori metallici. Da un punto di vista macroscopico, la conduzione ionica nelle soluzioni è simile alla conduzione di elettroni attraverso oggetti solidi. In quest’ultima, gli elettroni si muovono senza nuclei ionici, mentre nella prima le cariche si muovono come ioni. Anche se l'acqua come tale è un conduttore elettrico scadente, la presenza di ioni in soluzione fa diminuire considerevolmente la resistenza. La resistenza di tali soluzioni elettrolitiche dipende dalla concentrazione degli ioni ed anche dalla natura e dalla dimensione degli ioni presenti.

 

 

 

Corrente continua e corrente alternata

 

La corrente continua (CC) è costituita da una quantità fissa di corrente per unità di tempo, mentre se la corrente è alternata (CA) la quantità di corrente varia nel tempo. L’onda sinusoidale rappresenta il profilo fondamentale della corrente alternata e della tensione alternata (Fig. 2).

 

  

Fig. 2 - A sine wave as an alternating voltage or current

 

 Essa può rappresentare una corrente alternata o una tensione alternata. Infatti, quando una fonte di tensione sinusoidale si applica ad un circuito resistivo, si produce una corrente alternata sinusoidale. Nella corrente alternata la corrente (e così la tensione) varia nel tempo. Partendo da zero, aumenta fino ad un massimo positivo, successivamente ritorna a zero, e quindi aumenta fino ad un massimo negativo prima di tornare nuovamente a zero, così completando un ciclo completo. Il tempo (in secondi) necessario perchè una data onda sinusoidale completi un ciclo intero è denominato periodo (T). La frequenza è il numero di cicli che un'onda sinusoidale completa in 1 s. Più cicli vengono completati in 1 s , più alta è la frequenza. La frequenza è indicata con il simbolo f ed è misurata in Hertz (Hz).

L’impiego della corrente alternata crea un circuito che non è più solamente resistivo (in cui cioè la progressione della corrente è ostacolata dalla resistenza del conduttore secondo la legge di Ohm : R = V / I ) ma anche reattivo. Le due componenti reattive, in grado anch’esse di produrre ostacolo alla progressione della corrente, sono la reattanza induttiva e la reattanza capacitiva.

 

 

 

Reattanza induttiva

 

E’ legata al campo magnetico che si produce nel passaggio della corrente alternata in un solenoide (conduttore avvolto a spirale). La formula è la seguente:

 

 

XL = 2π f L

 

 

XL  è la reattanza induttiva e si esprime in Ohm (Ω)

f    è la frequenza della corrente alternata

L    è l’induttanza, espressa come numero di concatenamenti per ogni Ampere di  intensità di corrente fra le linee di forza delle singole spire di un solenoide e il campo magnetico prodotto da una corrente di intensità I. E’ misurata in Henry (simbolo H)

 

 

 

 

Reattanza capacitiva

 

E’ legata al passaggio di corrente alternata in un condensatore (idealmente rappresentato da due piastre metalliche separate da uno strato isolante). La formula è la seguente:

 

 

  XC  =  1 / 2π f C

 

 

XC  è la reattanza capacitiva e si esprime in Ohm (simbolo W)

f    è la frequenza della corrente alternata

C   è la capacità del condensatore e si misura in Farad (simbolo F)

 

 

 

 

Impedenza e sua misurazione

 

 

In un circuito che include sia resistori che induttori che condensatori, la quantità totale di opposizione ad una corrente alternata è denominata impedenza, rappresentata dal simbolo Z. La legge di Ohm si applica anche a questi circuiti:

 

 

I = V / Z           oppure           V = I Z          oppure          = V / I

 

 

Il valore dell'impedenza in un circuito che ha sia resistori, che induttori, che condensatori dipende dai valori di resistenza (R) dei relativi resistori e dai valori di reattanza (XL e XC) dei relativi induttori e condensatori. Ci sono parecchi metodi per misurare il valore di impedenza di un materiale. Il metodo di base consiste nell’applicare una corrente elettrica al materiale e misurare la tensione risultante. Secondo la legge di Ohm   = V / I    dividendo il valore della tensione per il valore della corrente si ottiene il valore dell'impedenza. Se il materiale contiene solamente elementi resistivi, una corrente continua può consentire questa misura.

 

 

Circuito di tipo puramente resistivo

 

Come già detto, secondo la legge di Ohm:     R = V / I

 

R    resistenza misurata in Ohm

V    tensione applicata misurata in Volt

I     intensità di corrente misurata in Ampere

 

Tuttavia, in presenza di elementi induttivi e capacitivi, una corrente alternata evidenzia le componenti induttive e capacitive  così come le componenti resistive dell'impedenza. La frequenza della corrente alternata influenza il valore di impedenza misurato, dal momento che le componenti induttive e capacitive dell'impedenza variano in funzione della frequenza.

 

 

 

Circuito (ideale) di tipo puramente induttivo

 

 

  XL = V / I

 

XL   reattanza induttiva misurata in Ohm

V     tensione applicata misurata in Volt

I      intensità di corrente misurata  in Ampere

 

 

 

 

Circuito (ideale) di tipo puramente capacitivo

 

 

  XC  = I / V

 

XC   reattanza capacitiva misurata in Ohm

V     tensione applicata misurata in Volt

I      intensità di corrente misurata in Ampere

 

 

 

 

Circuito misto (con resistenza, reattanza induttiva e reattanza capacitiva)

 

 

In un circuito misto (con resistenza, reattanza induttiva e reattanza capacitiva) si dimostra che:

 

 

 

Per cui:   V = IZ        

 

e quindi:  Z = V /I      (in circuito misto)

 

come:     R = V /I      (in circuito resistivo puro)

 

Z prende il nome di impedenza e si misura in Ohm.

 

In base a quanto detto precedentemente, se:

 

 XL = 2πfL    e    Xc = 1 / 2πfC

 

nella formula: 

 

 

 

si può sostituire:

 

 

 

per cui:

 

 

 

I fenomeni elettrici misurati a livello dei tessuti dagli ERCLMDs non includono però effetti induttivi, per cui valutando questi strumenti è corretto parlare solo di impedenza come somma di resistenza e di reattanza capacitiva.

 

 

 

Condensatore

 

Una struttura costituita da due materiali conduttivi e da un isolante interposto fra loro rappresenta un dispositivo elettrico denominato condensatore.

Nella sua forma più semplice un condensatore è costruito con due piastre parallele di metallo separate da un materiale isolante che è denominato dielettrico (Fig. 3).

 

Fig. 3 - A simple capacitor connected to a battery (DC voltage current)

 

 

Quando un condensatore è collegato ad un generatore di tensione a corrente continua, gli elettroni (carica negativa) si muovono da una piastra all’altra, facendo acquisire carica negativa a una piastra e carica positiva all'altra.

Dopo che il generatore di tensione è stato scollegato, il condensatore mantiene la carica immagazzinata e rimane una tensione tra le piastre. La quantità di carica che un condensatore può immagazzinare determina la sua capacità. I seguenti parametri sono importanti per stabilire la capacità di un condensatore: area delle piastre (A), distanza tra le piastre (d) e costante dielettrica (ε). Una grande superficie delle piastre produce una grande capacità e una piccola superficie della piastra produce una piccola capacità. Per contro, la distanza tra le piastre (d) è inversamente proporzionale alla capacità, cioè una distanza più grande tra le piastre riduce la capacità. Infine, il materiale isolante fra le piastre (il dielettrico) influisce direttamente sulla capacità in dipendenza della sua costante dielettrica (ε) come si desume dall’equazione:

 

 

C = ε  A / d

 

 

Come conseguenza della presenza dell'isolante, un condensatore impedisce il passaggio della corrente continua. Tuttavia, permette il passaggio della corrente alternata, con una quantità di opposizione che dipende dalla sua capacità e dalla frequenza della corrente alternata. Questa opposizione è denominata reattanza capacitiva (XC) ed è calcolata con la seguente formula:

 

XC = 1 / 2π f C

 

dove π è circa uguale a 3.14,  f è la frequenza e C è la capacità. Quando f è uguale a zero (corrente continua), XC diventa infinito e blocca la corrente continua. Alle frequenze diverse da zero (corrente alternata) prende altri valori e diventa analogo alla resistenza di un resistore. Quindi la legge di Ohm si applica ai circuiti capacitivi come segue:

 

 

I = V / XC           oppure  V = I XC           oppure  XC = V / I

 

 

 

Tuttavia, in presenza di elementi capacitivi, una corrente alternata evidenzia le componenti capacitive  così come le componenti resistive dell'impedenza. La frequenza della corrente alternata influenza il valore di impedenza misurato, dal momento che la componente capacitiva dell'impedenza varia in funzione della frequenza.

 

XC = 1 / 2π f C

 

Il comportamento delle soluzioni elettrolitiche è di importanza tecnologica enorme così come di grande interesse scientifico. L'uso della corrente continua è poco pratico per la misura della resistenza di un elettrolita, dal momento gli elettrodi si polarizzano. Durante la misura della conduttività elettrica, la polarizzazione può essere evitata usando una corrente alternata ad alta frequenza, in modo che la quantità di elettricità trasportata durante una metà del ciclo sia insufficiente a produrre una polarizzazione misurabile. Va però tenuto conto che diversi elettroliti in circostanze differenti possono esibire conducibilità differenti.

Si dovrebbe aggiungere che l’impedenza ha due caratteristiche: ampiezza (o semplicemente valore) e fase. Per semplicità, nella presente trattazione l'impedenza è normalmente identificata con il suo valore. Vi è un certo numero di metodi con i quali è possibile misurare elettricamente il valore o la fase di impedenza, come per esempio il ponte di Wheatstone (Lazrak et al. 1997). L’approfondimento è rimandato alle specifiche pubblicazioni in ambito di elettronica (Coombs 1999).

 

 

 

 

Caratteristiche elettriche delle strutture dentali

 

I canali radicolari sono circondati da dentina e cemento, che sono materiali elettricamente isolanti. Il forame minore, tuttavia, rappresenta un piccolo passaggio di comunicazione attraverso il quale i materiali conduttivi che si trovano all'interno del canale possono collegarsi elettricamente al legamento peridentale che è un buon conduttore.

Il materiale resistivo del canale (dentina, tessuti, fluidi) con una sua specifica resistività costituisce un resistore, il valore del quale dipende dalla lunghezza, dalla sezione trasversale e dalla resistività dei materiali stessi. Se un file endodontico penetra all'interno del canale e si avvicina al forame, la resistenza fra l'estremità dello strumento e la parte apicale del canale diminuisce, perché diminuisce la lunghezza effettiva del materiale resistivo all'interno del canale (l  in Fig. 4).

 

  

 

 

Fig. 4 - The structure of the tooth during root canal treatment in terms of electrical conductivity, and the resistance of the model (Nekoofar et al. 2006)

 

 Così come ha caratteristiche resistive, la struttura del dente ha anche caratteristiche capacitive. Il file, con una specifica area della sua superficie, può rappresentare una piastra di un condensatore, e il materiale conduttivo (cioè il legamento parodontale) all’esterno della dentina può rappresentare l'altra piastra di quel condensatore. Tessuti e fluidi all'interno del canale, e inoltre il cemento e la dentina della parete del canale, possono essere considerati come separatori delle due piastre conduttive e determinare una costante dielettrica ε. Questa struttura costituisce un condensatore, molto più complesso di quello schematizzato in Fig. 5.

 

 

 

Fig. 5 - The capacitance of the tooth during root canal treatment (Nekoofar et al. 2006)

 

 

 

Infatti la struttura elettrica del canale è molto più complicata rispetto agli elementi resistivi e capacitivi descritti precedentemente e la sua schematizzazione non è un'operazione semplice semplice (Meredith & Gulabivala 1997). Meredith & Gulabivala (1997) proposero un circuito equivalente come modello del sistema dei canali radicolari comprendendo anche i tessuti periapicali. Essi trovarono che il canale radicolare si comportava come un complesso circuito elettrico e mostrava caratteristiche complesse di impedenza, con componenti resistive e capacitive, parallele e in serie. Un modello semplificato è mostrato in Fig. 6.

 

 

 

 

 Fig. 6 - The simplied electronic model of a tooth proposed by Meredith & Gulabivala (1997)

 

 

 

 

 

 

 

 

Dispositivi elettronici per la misurazione

della

Lunghezza di lavoro

(Electronic root canal length measurement devices) (ERCLMDs)

 

 

 

Le origini

 

Il presupposto fondamentale che consente il funzionamento degli ERCLMDs è che i tessuti umani hanno determinate caratteristiche che possono essere riferite ad un modello equivalente  di circuito in cui si combinano diversi componenti elettrici. Di conseguenza, misurando le proprietà elettriche (per esempio, la resistenza e l'impedenza) di quel circuito elettrico equivalente, possono essere ricavati dati di utilità clinica quali la posizione di un le.

Custer (1918) introdusse per primo un metodo elettrico per l'individuazione del limite apicale del canale radicolare. Il metodo di Custer si basava  sul fatto che la conduttività elettrica dei tessuti che circondano l'apice della radice è più grande della conduttività all'interno del sistema canalare, e che la conduttività all'interno del canale diminuisce man mano che ci si sposta coronalmente rispetto al limite apicale del canale stesso. In altre parole, scoprì che la resistenza elettrica, il valore inverso della conducibilità, vicino al foramen era molto inferiore rispetto alle regioni più coronali del canale radicolare. Custer (1918) notò inoltre che questa differenza nei valori di conducibilità poteva essere rilevata più facilmente se il canale era asciutto o se era riempito con un liquido non conduttivo come, ad esempio, l’alcool. Partendo da queste osservazioni, Custer (1918) individuò la posizione del foramen applicando una tensione fra “l'alveolo corrispondente all'apice della radice” e “un tiranervi collocato all'interno della polpa” e misurando il valore della corrente elettrica (con un “milliamperometro”). Nel suo esperimento pionieristico, usando la tecnologia di quel tempo, Custer utilizzò un circuito elettrico che aveva tre “celle voltaiche”: un  “milliamperometro”, un elettrodo negativo e un elettrodo positivo. Quando il circuito era collegato, una piccola tensione positiva era applicata al sottile tiranervi isolato che veniva introdotto nella polpa e spinto in profondità. Quando il tiranervi si avvicinava al foramen, come conseguenza di un significativo aumento nella conduttività elettrica la corrente elettrica presentava un incremento e di conseguenza si osservava un “certo movimento dell’ago indicatore” del milliamperometro. Custer (1918) concluse che questo movimento, che era proporzionale alla corrente elettrica e qundi alla conduttività elettrica, costituiva una indicazione  certa del posizionamento del tiranervi in corrispondenza del forame.

Successivamente Suzuki (1942), nel suo studio sperimentale sulla ionoforesi con sali d’argento nei denti di cane, indicava che la misura della resistenza elettrica fra uno strumento canalare inserito in un canale e un elettrodo applicato alla mucosa orale forniva valori costanti.

 

 

Il lavoro di Sunada

 

Sunada nel 1962 pubblicò il suo lavoro fondamentale e affermò che un valore specifico di resistenza determinava la posizione del limite apicale del canale radicolare.  Avendo come base di ragionamento il lavoro di Suzuki, utilizzò un semplice microamperometro per misurare in vivo la lunghezza dei canali in 124 denti. Le misure ottenute venivano controllate con esame radiografico. Lo strumento veniva tarato mettendo gli elettrodi a contatto in modo che l’intensità della corrente fosse di 50 mA. Inserendo un reamer nel canale, collegandolo con l’elettrodo connesso al polo positivo, e ponendo l’altro elettrodo a contatto con la mucosa orale, Sunada localizzò elettronicamente l’apice in ciascun dente e fissò con ossido di zinco eugenolo lo strumento canalare a lunghezza di lavoro. L’estrazione del dente permise di valutare l’esattezza delle misure effettuate.

La resistenza della membrana parodontale fu calcolata dividendo il valore della tensione per il valore della corrente che il dispositivo misurava. In altre parole, dentina, smalto ed cemento sono isolanti elettrici, il tessuto molle, e quindi anche il legamento parodontale, è un conduttore. Il dispositivo stabiliva nella bocca un circuito che originava dal dispositivo, proseguiva attraverso un file endodontico per mezzo di un connettore, e si estendeva nel canale oltre il foramen e nel legamento parodontale. Il circuito comprendeva ancora la mucosa del paziente e finalmente si chiudeva con la clip del labbro che era collegata al dispositivo attraverso un filo di ritorno. Sunada rilevò i seguenti valori di resistenza e di corrente elettrica:

 

-  6.5 (resistenza) e 40 mA (corrente) quando la punta dello strumento toccava il parodonto in apice

-  9.0 KΩ (resistenza) e 37 mA (corrente) quando la punta dello strumento si trovava a 0.5-1 mm dall’apice

-  3.9 KΩ (resistenza) e 43 mA (corrente): nella maggior parte dei casi quando il reamer la punta dello strumento si trovava oltre apice; a volte però era in apice, e altre volte nel canale

 

Quando il reamer era nella rimanente porzione (più coronale) del canale i valori variavano ampiamente. Sunada ritennne che variassero in dipendenza del contenuto del canale stesso. In particolare Sunada rilevò  nel suo esperimento le difficoltà di misura in presenza di fluidi conduttivi. Egli ipotizzava che l’ultimo mm apicale fosse invece sempre piuttosto pulito e che questo spiegasse l’attendibilità dello strumento in prossimità dell’apice.

I risultati erano costanti, senza riguardo al tipo e alla forma del dente, al sesso e all’età del paziente. Lo strumento era in grado di riconoscere il legamento parodontale (secondo l’interpretazione di Sunada) anche attraverso perforazioni o canali laterali. La teoria interpretativa originaria del funzionamento degli ERCLMDs (“teoria delle caratteristiche biologiche”) considerava quindi che fosse costante la resistenza al passaggio di corrente elettrica fra legamento parodontale e mucosa orale. La registrazione di questo valore faceva riconoscere l’apice.

Con il lavoro di Sunada nasceva il primo ERCLMD.

 

 

 

 

ERCLMDs - I DISPOSITIVI COMMERCIALI

 

 

 

Classificare e descrivere il gran numero di ERCLMDs comparsi sul mercato dopo il lavoro di Sunada è impresa ardua.

La classificazione degli ERCLMDs può essere effettuata “per generazioni” successive  di strumenti (Gordon & Chandler, 2004), tentando di seguirne l’evoluzione e lo sviluppo. Questo approccio è stato contestato e definito “inutile, non scientifico, e forse solo adatto ad esigenze commerciali” ((Nekoofar et al. 2006).

D’altra parte, classificarei i diversi ERCLMD dsulla base dei rispettivi principi di funzionamento potrebbe essere ugualmente considerata  operazione impropria e poco attendibile.

In realtà non è possibile classificare tutti i vari prodotti comparsi sul mercato. Tutt’al più  possono essere inseriti in categorie quei dispositivi sul cui funzionamento il produttore ha fornito informazioni sufficienti.  La scarsità di informazioni fornite dai fabbricanti fa sì che la classificazione degli ERCLMDs sia effettuata spesso senza dati di conoscenza, e risulti poi comunque oggetto di controversie (Nekoofar 2005).

Di seguito verranno seguiti entrambi i criteri. Una prima sezione seguirà l’evoluzione degli ERCLMDs per generazioni successive, una seconda sezione cercherà di descrivere e classificare gli ERCLMDs sulla base loro del principio di funzionamento.

 

 

 

 

Sezione I

 

ERCLMDs - classificazione per generazioni

 

 

 

ERCLMDs di  I  generazione

 

 

Tutti i primi strumenti di misurazione derivati dall’ERCLMD di Sunada impiegavano corrente continua e misuravano quindi una resistenza ohmica. Come l’ERCLMD di Sunada, essi fornivano risultati alterati in presenza di sangue, ipoclorito di sodio e altri fluidi conduttivi all’interno del canale radicolare.

Presentavano inoltre un ulteriore inconveniente: l’impiego di corrente continua creava effetti di polarizzazione degli elettrodi, a loro volta responsabili di difficoltà di misurazione.

 

 

 

ERCLMDs di  II generazione

 

 

Gli strumenti di IIa generazione (Table 1) utilizzavano corrente alternata ad una sola frequenza. Essi misuravano un valore di impedenza, poiché l’impiego della corrente alternata crea un circuito che non è più solamente resistivo (in cui cioè la progressione della corrente è ostacolata dalla resistenza del conduttore secondo la legge di Ohm : R = V / I ,  ma anche reattivo. Le due componenti reattive, in grado anch’esse di produrre ostacolo alla progressione della corrente, sono la reattanza induttiva e la reattanza capacitiva. I fenomeni elettrici misurati a livello dei tessuti dagli ERCLMDs non includono però effetti induttivi, per cui valutando questi strumenti è corretto parlare solo di impedenza come somma di resistenza e di reattanza capacitiva.

Già Sunada, pur rilevando come costante il valore di resistenza fra legamento parodontale e mucosa orale, aveva ipotizzato che l’organismo potesse comportarsi come un circuito resistivo/capacitivo. Che esistessero, nel passaggio della corrente nei tessuti, fenomeni di reattanza capacitiva era poi stato sottolineato anche dal lavoro di Inoue (1972) e da contributi successivi. E’ chiaro che l’esatta definizione dei fenomeni elettrici che si verificano nei tessuti non è semplice. D’altra parte è possibile misurare in vivo l’impedenza e scomporre i valori di essa nelle componenti resistiva e reattiva per ogni singola misurazione, e si possono quindi proporre modelli di circuiti equivalenti.

Gli ERCLMDs di seconda generazione, alimentati a corrente alternata, non presentavano più il problema della polarizzazione degli elettrodi, ma continuavano ad essere incapaci di  funzionare adeguatamente in presenza di elettroliti forti nel canale, o di lesioni periapicali estese, o in caso di diametro apicale molto grande.

Lo studio del funzionamento dei ERCLMDs di seconda generazione nelle varie condizioni  sperimentali, e la conseguente analisi critica dei fenomeni elettrici misurabili, portò alla messa in discussione della teoria delle caratteristiche biologiche, l’originaria teoria interpretativa del funzionamento dei localizzatori d’apice.

 

 

Il contributo di Huang

 

Un contributo straordinario venne da Huang (1987).

Huang dichiarò che il principio di funzionamento degli ERCLMDs era semplicemente basato su un fenomeno fisico (elettrico): non si trattava di caratteristiche biologiche dei tessuti, ma del risultato del contatto costante tra la superficie dell’elettrodo e i tessuti.

L’articolo di Huang fornisva una interpretazione del comportamento clinico di un ERCLMD di IIa generazione nelle varie situazioni di impiego. Tutti gli aspetti apparentemente incomprensibili del funzionamento degli strumenti trovavano una semplice e logica spiegazione.

L’esperimento fu condotto in vitro (in assenza quindi di legamento parodontale e mucosa orale) ed impiegava un contenitore di vetro riempito di soluzione salina. Sul contenitore, mediante un supporto, vennero sospesi denti estratti aventi varia lunghezza del canale e vario diametro dell’apice. Quest’ultimo o era sospeso in  modo da sfiorare la superficie della soluzione, o era immerso in essa. I canali erano riempiti di soluzione salina, oppure asciutti. Un elettrodo dell’ERCLMD era collegato ad un reamer che penetrava nel canale, l’altro elettrodo era a contatto con la soluzione salina. I valori di impedenza via via registrati erano misurati in Ohm, le correnti in mA.

Furono cinque i momenti dell’esperimento:

 

a)           L’apice del dente sfiorava la soluzione salina e il canale era asciutto.

Quando il reamer era dentro il canale asciutto venivano letti valori < 40 mA; quando la punta del reamer toccava la soluzione salina e la superficie di contatto era circa 2 mm2 la lettura era 40 mA; quando la punta del reamer andava oltre l’apice ed entrava in contatto con la soluzione salina per oltre 2 mm2 di superficie, la lettura era > 40 mA. Si trattava degli stessi valori rilevati in vivo.

 

b)           Vennnero sospesi sei denti con diametro apicale variabile fra 0.2 e 2.5 mm. Un terzo della radice (apicale) venne immerso nella soluzione salina. Nei canali venne introdotta soluzione salina mediante una siringa.

Il risultato fu il seguente: più largo era il diametro apicale, minore fu l’accuratezza della lettura, e vennero forniti risultati corti. La presenza di soluzione salina nel canale disturbava la lettura. Questo disturbo però non si aveva se il diametro dell’apice erea piccolo (0,2 mm). Erano dunque due i fattori che influenzavano l’accuratezza degli ERCLMDs: fluidi conduttivi nel canale, e diametro apicale.

 

c)           Gli stessi denti usati in b) furono sospesi con l’apice a sfiorare la soluzione salina; il canale era asciutto.

Risultato: scomparvero le inesattezze di misura. Tutti i valori erano precisi.

Quindi il canale asciutto era una delle condizioni che necessarie per rendere precise le misurazioni dell’ERCLMD: in questo caso anche diametri apicali di 2,5 mm non compromettevano l’accuratezza dei valori registrati.

 

d)           Gli apici degli stessi denti impiegati in b) e c) vennero otturati con cera. Nella cera fu poi creato un apice artificiale mediante perforazione con un ago di 0,2 mm di diametro. La radice fu immersa in soluzione salina nel suo terzo apicale, e il canale fu riempito di soluzione salina.

Risultato: le misure erano tutte accurate.

Il diametro apicale si dimostrò l’altro fattore essenziale per ottenere l’esattezza della misura: se il diametro apicale era piccolo, anche la presenza di soluzione salina nel canale non disturbava la misurazione.

 

e)           Al posto dei denti vennnero usati tubi di vetro di diametro variabile fra 0,3 e 0,8 mm, che furono immersi in parte nella soluzione salina.

 

Risultato: sotto il diametro di 0,4 mm la misura corrispondeva a 40 mA quando l’estremità del reamer corrispondeva all’estremità del tubo, a valori < 40 mA quando l’estremità del reamer corrispondeva si trovava all’interno del tubo, a valori > 40 mA quandol’estremità del reamer era fuori dal tubo ed era immersa nella soluzione salina.

Se il diametro del tubo era > 0,4 mm, i valori misurati erano sempre corti.

 

Huang in sintesi affermò che:

 

-  Il fenomeno misurato era  puramente fisico.

-  Quando l’elettrodo attraversava la costrizione apicale, quest’ultima produceva un significativo gradiente elettrico che si presentava sempre costante, eccetto che in presenza di elettroliti nel canale e di diametro apicale troppo ampio.

-  Due erano i fattori che influenzavano l’accuratezza della misura degli ERCLMDs: diametro dell’apice, e presenza o meno di fluidi conduttivi nel canale. Se erano presenti in contemporanea apice ampio ed elettroliti forti nel canale la misura risultava imprecisa, se almeno uno dei due fattori negativi era assente la misura risultava accurata.

 

Huang inoltre dichiarò di aver misurato in vivo l’impedenza con ERCLMDs commercializzati da case produttrici diverse, e di aver trovato valori di impedenza apicale non costanti ma variabili fra 4,2 e 9,3 .

La teoria delle caratteristiche biologiche veniva così a cadere.

 

 

 

 ERCLMDs di  III generazione

 

 

Per tentare di ottenere una misurazione precisa della lunghezza di lavoro anche in presenza di liquidi conduttivi nel canale, venne messa a punto e commercializzata una IIIa generazione di localizzatori. La differenza fondamentale rispetto ai dispositivi precedenti consisteva nel fatto che era introdotto l’impiego di più frequenze. Dal momento che l’impedenza (in realtà la reattanza capacitiva, che dell’impedenza è una componente) varia in funzione della frequenza della corrente alternata impiegata, si tentava di sfruttare il confronto di valori diversi registrati per ottenere una misura più precisa e più indipendente dalle condizioni del canale.

 

 

Endex

 

Yamaoka (1984 - citato in Saito & Yamashita 1990) sviluppò un dispositivo di misura in cui due frequenze erano impiegate nella misurazione. L’Endex (Osada Electronics Co, Tokio, Japan), commercializzato anche come Apit, è stato messo a punto nella suo prima versione proprio sulla base del “frequency response method” descritto da Saito & Yamashita (1990). Questo dispositivo misurava il valore di impedenza utilizzando due frequenze di corrente alternata differenti (fH e fL) e calcolava la differenza fra i due valori:

 

 

Diff  =  Z(fH) - Z(fL)

 

 

Infatti, il segnale reale misurato risultava dalla differenza fra tensioni aventi due frequenze, che era ovviamente proporzionale alla differenza dei valori di impedenza. Nella parte coronale del sistema canalare, il dispositivo doveva essere calibrato per eliminare tutto l'effetto del materiale dielettrico  che si trovava all'interno del canale. Secondo l'equazione    C = ε A / d      la grandezza della capacitanza del modello è proporzionale alla distanza fra i due nodi indicati in Fig. 5. Questo significa che, quando il le si avvicina al limite apicale del canale, il valore della capacitanza aumenta nettamente, probabilmente avendo come causa il cambiamento nella morfologia della parte apicale della radice. D'altra parte, la frequenza fH (usata in questo dispositivo) è 5 volte il valore fL. Di conseguenza, secondo l'equazione   XC = 1 / 2 μ f C   il cambiamento nella Z(fL) sarà 5 volte il valore più grande della Z(fH), cioè la differenza fra le due impedenze Z(fL) e Z(fH) aumenta velocemente al forame apicale. Quando lo strumento canalare raggiungeva l’apice la differenza di impedenza misurata era massima. L’Endex, secondo Saito & Yamashita (1990) non risentiva della presenza di elettroliti (soluzioni saline, NaOCl al 5%, EDTA al 14%, H2O2 al 3%) nel canale, e la localizzazione dell’apice avveniva indipendentemente anche dalla dimensione del file endodontico e dal diametro del “forame apicale”.

Frank & Torabinejad (1993) (Table 2) confermarono che la posizione del limite apicale del canale poteva essere rilevata in presenza di umidità, ma che a causa del circuito elettrico aperto l’Apit non poteva rilevare esattamente il limite apicale del canale quando esso era asciutto. Tuttavia, questo limite è stato anche valutato potenzialmente utile per il controllo dell’asciugatura del sistema canalare prima dell’otturazione (Dahlin 1979).

Nella sua prima versione il dispositivo andava calibrato in ogni canale, nel segmento medio-coronale di esso, e non era possibile una calibratura attendibile a canale asciutto. In versioni successive dello strumento la necessità di calibratura verrà eliminata.

 

 

 

Table 1 - Accuracy studies the Endex/Apit apex locator (Gordon & Chandler 2004)

 

La teoria di Kobayashi e il root zx

 

Per quanto riguarda gli ERCLMDs di IIIa generazione e la comprensione dei presupposti teorici che stanno alla base della loro fortuna commerciale, consideriamo il lavoro pubblicato da Kobayashi e Suda nel 1994. All’impegno del primo è da attribuire la messa a punto del Root Zx (J. Morita MFG. Co., Kyoto, Japan), l’ERCLMD più diffuso al mondo.

  

 

 

Table 3 The properties of the Root ZX (Gordon & Chandler 2004)

 

 

 

 

 

Kobayashi impiega con il suo dispositivo corrente alternata con due frequenze diverse, ed elabora la teoria del quoziente (“ratio method”). Verifica questa teoria sia in vivo che in vitro. Confuta anch’egli, avendo supporto anche da altri lavori pubblicati in letteratura, la teoria di Sunada: non sarebbe vero che la resistenza fra legamento parodontale e mucosa orale è costante. Gli ERCLMDs misurerebbero principalmente la resistenza elettrica fra lo strumento canalare che sonda il canale e i tessuti, più che quella fra i tessuti stessi.

In un precedente lavoro Kobayashi et al. (1991) avevano misurato, in vitro, l’impedenza elettrica fra la punta di un file #40 e una soluzione salina (NaCl 0.9%). Immergendo la  punta del file per 0,5 mm l’impedenza registrata con una corrente alternata di 400 Hz era 6,0 KW. Questo valore indicava che lo strumento, in vivo, era localizzato alla costrizione apicale, ed è stato poi usato come riferimento standard nelle tecniche convenzionali (ERCLMDs di IIa generazione).

Kobayashi nello stesso lavoro aveva misurato anche la capacitanza tra la punta dello stesso file #40 e una soluzione salina: quando la punta era immersa nella soluzione per 0.5 mm si registravano 45 nF a 400 Hz. Questo valore corrispondeva, in vivo, alla capacitanza elevata misurata quando la punta dello strumento si trovava alla costrizione. Se la punta del file veniva spostata coronalmente nel cnale, a distanza dall’apice, la capacitanza diminuiva molto. Se veniva introdotto un liquido conduttivo nel canale, la capacitanza del canale aumentava.

Sulla base di questa osservazione Kobayashi fonda il suo ratio method.

Partendo dal presupposto che quando il canale è riempito con soluzione elettrolitica forte, impiegando  simultaneamente due frequenze di corrente alternata f1 (8 kHz) e f2 (400 Hz) si registrano due impedenze Z1 e Z2, poichè 'impedenza diminuisce quando la capacitanza aumenta, e la capacitanza aumenta con l'aumentare della frequenza. Se l’impedenza Z1 cambia proporzionalmente a Z2 , il rapporto non viene influenzato dalla presenza di elettroliti nel canale, e quindi il rapporto stesso definisce un valore (che rappresenta la posizione del file nel canale) indipendente dalla presenza di soluzione conduttiva.

L’impedenza registrata nel canale, come detto,  dipende in misura inversa dalla frequenza. Dal momento che f1 = 8 kHz e f2 = 400 Hz (nel Root Zx ), ne deriva che Z1 è sempre < Z2 e quindi il rapporto  Z1 / Z2è sempre < 1.

L’impedenza registrata nel canale, come detto, è somma della resistenza e della reattanza capacitiva. In presenza di elettroliti nel canale, la componente resistiva e identica in regione apicale e nel resto del canale. Kobayashi osserva però che i valori di capacitanza sono più elevati alla costrizione apicale che in corrispondenza delle pareti del canale, il quoziente tra le due impedenze è vicino a 1 quando la punta del file si trova nel canale e quindi a distanza dall'apice, ma diventa considerevolmente < 1 quando la punta si trova  vicino all’apice.

Secondo Kobayashi il fatto che lo strumento elabori il quoziente Z1 / Z2 e che questo rimanga costante nelle varie condizioni di conduttività del canale consente allo strumento stesso di compensare gli effetti provocati dalla presenza di elettroliti nel canale, effetti rappresentati dall'incremento della capacitanza e dalla riduzione dell' impedenza nel canale .

 

Kobayashi in sostanza afferma che se si introduce un forte elettrolita nel canale, a distanza dall’apice l’impedenza diminuisce e la capacitanza aumenta. Uno strumento di IIa generazione, che legge l’impedenza nel contatto fra punta dello strumento e fluidi tissutali, non è più capace di distinguere fra impedenza bassa (a livello apicale) e impedenza abbassata (dall’elettrolita) nel canale.

Se invece lo strumento è in grado (e il Root Zx lo è)  di valutare il rapporto Z1 / Z2, cioè fra impedenze corrispondenti a due frequenze f1  e  f2  applicate simultaneamente, e se queste due impedenze variano (diminuiscono) nella stessa proporzione in presenza di fluidi conduttivi, allora il rapporto Z1 / Z2rimane costante. La conclusione di Kobayashi è che l’ERCLMD, elaborando questo rapporto anziché limitarsi a misurare una singola impedenza, è in grado di riconoscere la costrizione apicale tanto a canale asciutto che in presenza di liquidi conduttivi.

 

Esiste un passaggio difficile da comprendere nel ragionamento di Kobayashi.

 

Se l’impedenza, per la presenza di elettroliti forti nel canale, diminuisce notevolmente entro il canale stesso e si avvicina ai valori bassi che ha normalmente in apice, il fatto che il quoziente fra le due impedenze (in funzione delle due frequenze) resti costante non significa che possa ugualmente rimanere costante il gradiente di impedenza fra interno del canale e tessuti periapicali. Il rapporto fra l’impedenza nell'area della costrizione e nei tessuti periapicali in presenza di soluzioni conduttive si avvicina comunque a 1.

 

Il problema è che gli ERCLMDs effettuano la misurazione intercettando proprio  il gradiente di impedenza fra interno del canale e tessuti periapicali.

 

 

 

L’Apex Finder AFA (all fluids allowed)

 

L’AFA utilizza cinque frequenze di segnale e legge quattro rapporti di ampiezza. L'unità provvede alla propria auto- calibrazione e può misurare con elettroliti presenti nel canale. In studi diversi, nel localizzare di volta in volta la costrizione, la CDJ e il forame minore, la sua precisione,  è stata rilevata tra il 34.4 %. e il 95 %.

 

 

 

Il Neosono Ultima EZ

 

Il Neosono ultima EZ (Satelec Inc., Mount Laurel, NJ, USA) è conosciuto nell'Emisfero sud come Datapex (Dentsply Maillefer, Ballaigues, Svizzera). Esso è il successore della serie di localizzatori Sono Explorer e usa un certo numero di frequenze per testare il canale, utilizzando poi tra queste le due migliori per la lettura. De Moor et al. (1999) hanno rilevato in vitro percentuali di precisione (± 0.5 mm) del 100%, in canali asciutti o irrigati con ipoclorito si sodio. Essi inoltre hanno trovato il Neosono ultima EZ meno sensibile all’operatore rispetto all’Apit e all’ Apex Finder AFA. Nekoofar et al. (2002) riportano precisione nel 94 % dei casi usando files in Ni-Ti, e nel 91 % dei casi usando files in acciaio.

 

 

 

Altri localizzatori d’apice di III generazione

 

Questi includono il Justy II (Yoshida Co., Tokyo, Japan), Mark V Plus (Moyco/Union Broach, Bethpage, NY, USA) and l’Endy 5000 (Loser, Leverkusen, Germany). La loro quota di mercato è minima se comparata con quella del Root ZX e vi sono pochi dati di ricerca sulle loro caratteristiche e sulla loro precisione. Hoer & Attin (2004) hanno  trovato il Justy II da 82,4% accurato nella determinazione dell’area tra forame maggiore e forame minore nell’82,4% dei casi, e l’Endy 5000 nell’81 % dei casi.

 

 

 

 

 

ERCLMDs di  IV generazione

 

 

 

Bingo 1020/Ray-Pex 4

 

Il Bingo 1020 (Forum Engineering Technologies, Rishon Lezion, Israel) è stato presentato come un dispositivo di quarta generazione e impiega due frequenze distinte da 400 Hz e 8 kHz analoghe a quelle impiegate dagli ERCLMDs di terza generazione. Il produttore sostiene che il fatto di utilizzare solo una frequenza alla volta e di effettuare la misurazione sulla base della radice quadrata della media dei valori aumenta la precisione e l'affidabilità dello strumento. Kaufman et al. (2002) hanno riportato che in vitro lo strumento risulterebbe  affidabile come il Root ZX e facile da usarsi. Lo stesso strumento è stato successivamente commercializzato dalla Dentsply come Ray-Pex 4.

 

 

 

Elements Diagnostic Unit and Apex Locator 

 

L’Elements Diagnostic Unit and Apex Locator (SybronEndo, Anaheim, CA, USA) è stato commercializzato nel 2003. è Il dispositivo non elabora le informazioni sull’impedenza con  procedura matematica secondo un algoritmo, ma invece effettua una comparazione fra le misure di resistenza e di capacitanza e i valori desunti da un database per determinare la distanza dall’apice del canale radicolare. Usa una forma d'onda composta da due segnali, 0.5 e 4  , rispetto agli 8 e 0.4 kHz del Root ZX. I segnali passano attraverso un convertitore digitale--analogico e vengono trasformati in segnale analogico, a sua volta amplificato e poi riferito al circuito equivalente del paziente che si assume essere costituito da resistori e condensatori in parallelo. Le forme d’onda che rappresentano il segnale di feed-back sono poi filtrate in un circuito capace di attenuare i disturbi del segnale. Il produttore dichiara che questo permette di ridurre gli errori di misurazione e di avere risultati più stabili.

 

 

 

 

 

 

 Sezione II

 

ERCLMDs - classificazione in relazione al principio di funzionamento

 

 

 

  

Table 4 Categorization of electronic root canal length measurement devices (Nekoofar et al. 2006)

 

 

 

 

Dispositivi basati sulla misura della resistenza

 

Questi dispositivi furono progettati partendo dal presupposto che il circuito fra il file endodontico e la clip collegata al labbro possa essere concepito come un circuito resistivo semplice (Fig. 7).

 

 

 

Fig. 7 A simple resistive model of the apex, used in resistance-based ERCLMDs (Nekoofar et al. 2006)

 

  

 

 

Di conseguenza, era applicata a quel circuito una piccola corrente continua e veniva misurata la tensione. Dividendo il valore della tensione per il valore della corrente, veniva calcolato il valore di resistenza del circuito. Questo era stato il principio applicato da Sunada (1962) nel suo lavoro sperimentale. Molti dispositivi elettronici (table 4) per la misura della lunghezza di lavoro basati sullo stesso principio sono stati introdotti da allora. Vi sono differenze fra loro che riguardano la progettazione dei circuiti elettrici e la modalità di segnalazione o visualizzazione della misura, e tuttavia possono essere tutti classificati come dispositivi basati sulla misura della resistenza. Anche se molti di essi hanno dimostrato di essere precisi in canali asciutti, è stato riportato il dato di misurazioni non sempre precise in presenza di elettroliti forti, di emorragia eccessiva, di pus o di tessuto pulpare residuo nei canali (Suchde & Talim 1977, Nekoofar et al. 2002, Pommer et al. 2002, Tinaz et al. 2002). In queste situazioni, non appena la punta del file tocca il contenuto canalare elettroconduttivo (presenza di elettroliti), la tensione della corrente continua polarizza i tessuti e si verifica una modificazione della resistività elettrica (Foster & Schwan 1989). Chiudendosio così il circuito elettrico, il dispositivo indica erroneamente che il forame minore è stato raggiunto (Suchde & Talim 1977).

Un altro svantaggio della corrente continua è che può essere avvertita dal paziente una scossa elettrica (Kim & Lee 2004). Per eliminare gli svantaggi derivanti dall’impiego della corrente continua Suchde & Talim (1977) proposero di usare corrente alternata per misurare la resistenza. Tuttavia, anch’essi impiegarono ugualmente un ohmetro semplice, un circuito a ponte, per ovviare agli svantaggi derivanti dalla semplice misurazione di una resistenza. I vantaggi derivanti dall’impiego della corrente alternata sono che essa provoca minori danni ai tessuti e consente misure più precise in presenza di umidità, dal momento che la resistività degli elettroliti è più stabile (Suchde & Talim 1977, Foster & Schwan 1989). Tuttavia, lo svantaggio è che la componente capacitiva del canale, che varia in relazione a molti parametri, avrà un effetto aggiuntivo sul circuito. Pertanto, in condizioni di umidità, quando la componente capacitiva è maggiore, questi dispositivi soffrono di una mancanza di precisione (O’Neill 1974, Suchde & Talim 1977, Meredith & Gulabivala 1997).

 

 

 

Dispositivi basati sull’oscillazione a bassa frequenza

 

Come già ricordato, la struttura dello strumento endodontico, il contenuto del canale e i tessuti hanno caratteristiche capacitive nonché resistive. Di conseguenza, considerare il circuito come resistivo semplice non è sufficiente e non è rappresentativo (Inoue 1973, McDonald & Hovland 1990, Meredith & Gulabivala 1997). Purtroppo, le caratteristiche capacitive sono variabili e possono cambiare in relazione alla forma del canale e ad altri parametri fisici quale la costante dielettrica dei liquidi all'interno del canale.

Partendo da queste considerazioni  Inoue (1972, 1973) sviluppò un ERCLMD differente rispetto ai precedenti, a indicazione sonora. Il dispositivo sviluppato da Inoue era il Sono-Explorer (Hayashi Dental Supply, Tokyo, Japan), che utilizzava un circuito con risposta equalizzata-amplificata da transistori, e un oscillatore a bassa frequenza per sviluppare il suono. Il principio su cui si basava la misurazione della lunghezza di lavoro con questo dispositivo partiva dal dato che la (bassa) frequenza dell’oscillazione, prodotta da resistenza e capacitanza tra la mucosa orale e il legamento parodontale in corrispondenza del solco gengivale, era la stessa (frequenza) che si poteva registrare tra la mucosa orale e il legamento parodontale in sede apicale (Inoue & Skinner 1985). Esso veniva quindi calibrato al solco gengivale di ciascun elemento dentale e misurava attraverso risposte cicliche di un oscilloscopio (Inoue 1972). Sulla parte frontale del dispositivo erano collocati un altoparlante, un sintonizzatore graduato per aggiustare la tonalità del suono emeesso dal dispositivo, due interruttori a tre posizioni per selezionare la modalità operativa e la potenza impiegata, un indicatore della potenza del segnale, un controllo di volume e due sedi di connessione per gli elettrodi (clip per il labbro e holder della sonda).

Quando il dispositivo veniva messo in funzione, venivano emessi due suoni. Un suono era prodotto come conseguenza del passaggio della corrente elettrica dalla sonda alla clip agganciata al labbro del paziente, attraverso i fluidi tissutali. La sonda e la clip agganciata al labbro rappresentavano ovviamente i due elettrodi opposti. In corso di misurazione, la conduzione della corrente era modificata dall’interposizione della struttura dentale tra gli elettrodi. La struttura dentale si comporta ovviamente come un  isolante. Questo suono era denominato “probe sound”.

Il secondo suono prodotto dallo strumento era un suono indipendente, non influenzato dal passaggio di corrente. Il tono di questo suono era regolabile in modo graduato sul dispositivo. Questo secondo suono era denominato “reference sound”, dal momento che era usato come suono  standard con il quale comparare il “probe sound”.

In fase operativa, il dispositivo doveva dapprima essere sintonizzato sulla frequenza appropriata. Per far questo, l’operatore doveva inserire una sonda con rivestimento siliconico nel solco gengivale. Non appena la sonda entrava nel solco, il dispositivo emetteva una serie di suoni. Tonalità e durata di questi suoni aumentavano con la penetrazione della sonda nella profondità del solco. Raggiunta una profondità di sondaggio di circa 0.5 mm (teoricamente raggiunto il legamento parodontale), il suono diveniva continuo. Su questo suono continuo veniva calibrato il “reference sound”, attraverso il sintonizzatore graduato. A seguito di opportuna regolazione, i due suoni risultavano identici.

Un file convenzionale veniva poi inserito nel canale la cui lunghezza doveva essere misurata. L’operatore udiva nuovamente una serie di suoni. Tonalità e durata di questi suoni aumentavano con la penetrazione del file nella profondità del canale e l’avvicinamento all’apice. Quando ”l’apice” era raggiunto, il suono udito diveniva continuo e il tono era identico a quello del “reference sound” impostato in precedenza.

Il fatto che il raggiungimento dell’apice fosse indicato da un segnale acustico del dispositivo indusse alcuni clinici a pensare erroneamente che il dispositivo funzionasse utilizzando onde sonore (Inoue 1973).

Lo svantaggio più importante di questo dispositivo era l'esigenza di una calibratura individuale. Il dispositivo doveva essere calibrato al solco parodontale in ogni dente. Un modello successivo, il Sono-Explorer Mk III utilizzerà un tester per indicare la distanza dall’apice (Inoue & Skinner 1985).

 

 

 

Dispositivi ad alta frequenza (dispositivi che valutano la capacitanza)

 

L’Endocater (Hygenic Corp., Akron, OH, USA) fu sviluppato nel 1979 da Hasegawa (Fouad & Krell 1989, Fouad et al. 1990, Pallares & Faus 1994) che impiegò un circuito di riferimento ad alta frequenza (400 kHz) (McDonald & Hovland 1990).

Per diminuire ulteriormente l’influenza delle caratteristiche capacitive variabili vennero usati files rivestiti da un isolante (Keller et al. 1991). Come spiegato precedentemente (equazione 3), il valore di un condensatore è direttamente proporzionale all’area delle relative piastre.

L'isolante riveste la maggior parte della superficie del le per fare diminuire il relativo valore di capacitanza.

Purtroppo, il le rivestito non poteva essere usato in canali stretti, perché il rivestimento era abraso facilmente. La misura veniva quindi disturbata (Keller et al. 1991). In aggiunta, Himel & Schott (1993) rilevarono che la qualità dell’isolamento elettrico fornito dal rivestimento si riduceva dopo sterilizzazione in autoclave.

 

 

 

Dispositivi che valutano la capacitanza e la resistenza

(tabLe 4)

 

Nel 2003 è stato presentato l’Elements TM Diagnostic Unit (SybronEndo, Anaheim, CA, USA). Esso misura separatamente la capacitanza e la resistenza del circuito (Gordon & Chandler 2004, Vera & Gutierrez 2004). Come già detto, questi valori variano in relazione a molti parametri. Tuttavia, sono state sviluppate tabelle sperimentali di riferimento che includono le statistiche dei valori in posizioni differenti (Serota et al. 2004).

Il dispositivo sfrutta un segnale composito, con due frequenze, per misurare la resistenza e la capacitanza del sistema, e paragona poi i valori misurati con la relativa tabella di riferimento per precisare la posizione del le.

Come risultato della messa a punto di circuiti digitali elettronici definiti “moderni”, il fornitore sostiene che questo dispositivo fornisce misure più costanti rispetto ai dispositivi precedenti (Serota et al. 2004). Tuttavia, il principio fondamentale sulla base del quale funzionano tutti i localizzatori elettronici è lo stesso, cioè viene scelto un modello elettrico e le caratteristiche di quel modello sono misurate in funzione di una diagnosi da eseguirsi in situazioni cliniche. Basandosi su osservazioni cliniche, Vera & Gutierrez (2004) riportarono che l’Elements TM Diagnostic Unit il file doveva essere ritirato fino al riferimento corrispondente a -0.5 mm,  invece che a quello corrispondente a 0.0 mm, per avere l’accurata identificazione della costrizione apicale (che essi asserivano dovesse essere 0.5 millimetri coronalmente al forame maggiore). Percìò, mantenere il file in corrispondenza del riferimento 0.0 sul display e poi retrarlo di 0.5 mm costituirebbe il modo più accurato di usare il dispositivo. Nel tentativo di ottenere migliori risultati Vera & Gutierrez (2004) suggerirono inoltre che la cavità di accesso dovesse essere asciugata prima di introdurre il file nel canale.

 

 

 

Dispositivi che valutano il gradiente di tensione (“voltage gradient method”)

(differenza in impedenza con tre nodi)

 

Parecchi studi hanno cercato di provare l’esistenza una resistenza o un'impedenza elettrica costante a cui far corrispondere il limite apicale del canale. Per esempio Sunada (1962) trovò R = 6.5 kΩ. Tuttavia, Meredith & Gulabivala (1997) hanno dimostrato che non esiste nè impedenza costante di riferimento, nè resistenza costante per tutti i canali radicolari.

La ragione per cui i dispositivi che valutano la resistenza funzionano in un numero ragionevole di casi, è che c’è una differenza notevole fra il valore di resistenza (o impedenza) alla giunzione tra polpa e legamento parodontale, differenza che non c’è rispetto alle posizioni intracanalari.

Effettivamente, questa è la proprietà che Custer (1918) descrisse molti anni fa. Sulla base di questo dato di fatto, Ushiyama (1983) propose un metodo (“voltage gradient method”) per misurare la variazione dell'impedenza quando un file era inserito nel canale radicolare. Per mezzo di elettrodi bipolari ed applicando una corrente alternata di 400 Hz, questo dispositivo monitorava  le variazioni del valore di impedenza. Ushiyama (1983) riteneva che una variazione netta e brusca del valore determinasse la posizione del file alla costrizione apicale, la parte più stretta del sistema canalare.

Ushiyama (1983) inoltre segnalò che in presenza di elettroliti forti il “voltage gradient method” poteva rilevare esattamente la costrizione apicale. Tuttavia, l'uso di un elettrodo bipolare speciale era uno degli svantaggi principali di questo dispositivo, poichè l'elettrodo non si adattava ai canali stretti.

Nessun prodotto commerciale del dispositivo sperimentale sviluppato da Ushiyama (1983) risulta essere disponibile.

 

 

 

 Dispositivi a due frequenze che misurano una differenza di impedenza

 

Yamaoka (1984 - citato in Saito & Yamashita 1990) sviluppò un dispositivo di misura in cui due frequenze erano impiegate nella misurazione. L’Endex (Osada Electronics Co, Tokio, Japan), commercializzato anche come Apit, è stato messo a punto nella suo prima versione proprio sulla base del “frequency response method” descritto da Saito & Yamashita (1990). Questo dispositivo misurava il valore di impedenza utilizzando due frequenze di corrente alternata differenti (fH e fL) e calcolava la differenza fra i due valori:

 

 

Diff  =  Z(fH) - Z(fL)

 

 

Infatti, il segnale reale misurato risultava dalla differenza fra tensioni aventi due frequenze, che era ovviamente proporzionale alla differenza dei valori di impedenza. Nella parte coronale del sistema canalare, il dispositivo doveva essere calibrato per eliminare tutto l'effetto del materiale dielettrico  che si trovava all'interno del canale. Secondo l'equazione 3, la grandezza della capacitanza del modello è proporzionale alla distanza fra i due nodi indicati in Fig. 5. Questo significa che, quando il le si avvicina al limite apicale del canale, il valore della capacitanza aumenta nettamente, probabilmente avendo come causa il cambiamento nella morfologia della parte apicale della radice. D'altra parte, la frequenza fH (usata in questo dispositivo) è 5 volte il valore fL. Di conseguenza, secondo l'equazione 4, il cambiamento nella Z(fL) sarà 5 volte il valore più grande della Z(fH), cioè la differenza fra le due impedenze Z(fL) e Z(fH) aumenta velocemente al forame apicale. Quando lo strumento canalare raggiungeva l’apice la differenza di impedenza misurata era massima. L’Endex, secondo Saito & Yamashita (1990) non risentiva della presenza di elettroliti (soluzioni saline, NaOCl al 5%, EDTA al 14%, H2O2 al 3%) nel canale, e la localizzazione dell’apice avvieniva indipendentemente anche dalla dimensione del file endodontico e dal diametro del “forame apicale”.

Frank & Torabinejad (1993) confermarono che la posizione del limite apicale del canale poteva essere rilevata in presenza di umidità, ma che a causa del circuito elettrico aperto l’Apit non poteva rilevare esattamente il limite apicale del canale quando esso era asciutto. Tuttavia, questo limite è stato anche valutato potenzialmente utile per il controllo dell’asciugatura del sistema canalare prima dell’otturazione (Dahlin 1979).

Nella sua prima versione il dispositivo andava calibrato in ogni canale, nel segmento medio-coronale di esso, e non era possibile una calibratura attendibile a canale asciutto. In versioni successive dello strumento la necessità di calibratura verrà eliminata.

 

 

 

Dispositivi a due frequenze, rapporto di impedenza

(Quoziente)

 

Nei dispositivi che valutano un rapporto di impedenza, la sorgente di corrente alternata è ancora una sorgente bi-frequenza, cioè contiene due onde sinusoidali con un’alta ed una bassa frequenza (fH e fL rispettivamente). L'impedenza del modello è misurata per ogni frequenza, e la posizione del le è determinata dal rapporto fra queste due impedenze:

 

 

RatioZ(fH) / Z(fL)

 

Kobayashi & Suda (1994) dimostrarono che il rapporto delle due impedenze aveva un valore definito, determinato dalle frequenze usate, e che il rapporto indicava la posizione della punta del le nel canale. Quando la punta del file si trova lontano dalla costrizione apicale del canale, la distanza fra le due piastre del modello di capacitanza è alta, per cui come si desume dall'equazione   C = ε A / d   la grandezza della capacitanza è trascurabile. Quindi, il rapporto d Z(fH) / Z(fL) tenderà ad essere il rapporto tra due valori equivalenti di resistenza, ovvero si approssima al valore 1. In vicinanza del limite apicale del canale, tuttavia, la componente capacitiva dell'impedenza comincia a comparire. L’influenza della capacitanza sull'impedenza generale è proporzionale alla frequenza della corrente alternata utilizzata per la misurazione, come risulta dall'equazione XC = 1 / 2 μ f C. Alle alte frequenze (fH) il valore generale di impedenza sarà più basso che a bassa frequenza (fL). Questo significa che alla costrizione apicale il rapporto tende verso un valore piccolo (Kobayashi & Suda 1994).

Tuttavia, questo fenomeno è in relazione alla morfologia della costrizione. Mancanza di costrizione a causa di apice aperto (Hülsmann & Pieper 1989, Goldberg et al. 2002), o di canale impenetrabile (Rivera & Seraji 1993, Ibarrola et al. 1999), sono stati segnalati come impedimenti a determinare la posizione del limite apicale del canale (Oishi et al. 2002).

Il ragionamento di Kobayashi & Suda (1994) è che il rapporto  Z(fH) / Z(fLsarebbe indipendente dalla presenza di soluzione elettrolitica all'interno del canale. Questo si verificherebbe perchè un cambiamento del materiale elettrolitico, che consiste in un cambiamento della  costante dielettrica (e dell'equazione 3), influenzerà ugualmente il numeratore e denominatore del rapporto  Z(fH) / Z(fL), la componente capacitiva è trascurabile, e tanto in sede apicale che nel resto del canale la componente resistiva è simile per la presenza di soluzione conduttiva.

Questo concetto sta alla base dello sviluppo del Root ZX (J. Morita Co., Kyoto, Japan), il primo localizzatore commerciale basato sul principio del quoziente (Kobayashi 1995).

Questo principio di funzionamento potrebbe spiegare perchè alcuni studi riportano l’assenza di  differenza statisticamente significativa fra la capacità di localizzare la costrizione apicale nei canali con pulpa vitale rispetto a quelli con polpa necrotica (Dunlap et al. 1998). Allo stesso modo, la misura non sarebbe influenzata  in presenza di irriganti diversi (Jenkins et al. 2001), incluso l'ipoclorito del sodio, nel sistema canalare (Kobayashi 1995, Meares & Steiman 2002). Nel lavoro di Dunlap et al. (1998), il Root ZX era preciso nell’82.3% dei casi nel localizzare la costrizione apicale con uno scarto di 0.5 millimetri. D’altra parte, Ounsi & Naaman (1999) in uno studio ex vivo hanno segnalato che il Root ZX non era capace di rilevare la costrizione apicale e  che era invece in grado di rilevare soltanto il forame maggiore. Hoer & Attin (2004) inoltre dimostrarono che l'uso dei dispositivi elettronici basato sul principio del quoziente d’impedenza non consentiva la determinazione precisa della la costrizione apicale, e che nell'uso clinico era soltanto possibile determinare la regione fra il forame maggiore e minore. Nel loro studio, la determinazione esatta della costrizione apicale riusciva soltanto nel 51-64.3% dei canali, anche se l'individuazione della zona fra il forame maggiore e minore si verificava con nell'81-82.4% dei casi. Shabahang et al. (1996) dimostrarono invece che, accettando un errore possibile di ±0.5 millimetri dal foramen come scarto clinicamente tollerabile, il Root ZX poteva individuare il foramen nel 96.2% dei casi. Venturi & Breschi valutarono il Root ZX e un localizzatore di seconda generazione, l’Endo Analyzer 8001 (Analytic Technology, Redmond, WA, USA), in vivo (Venturi & Breschi 2005) e in vitro  (Venturi & Breschi 2007), e rilevarono con il Root ZX il 4.2 % e il 22.8 % di misure instabili (cioè variabili, fluttuanti), rispettivamente in vitro e in vivo, prevalentemente in condizioni di canale asciutto. Venturi & Breschi (2005, 2007) suggerirono che tali istabilità potevano essere state deterrminate da variazioni della geometria del circuito elettrico (circuito tissutale in vivo, circuito elettrico equivalente nel modello in vitro). Fu in assoluto osservato (Venturi & Breschi 2005, 2007)  un generale miglior comportamento  (maggior precisione e minor numero di misure instabili) dell’ERCLMD di seconda generazione in condizioni di minore conduttività del canale, e un miglior comportamento comportamento  (maggior precisione e minor numero di misure instabili) del Root ZX in condizioni di maggiore conduttività del canale.

 

 

 

Dispositivi multifrequenza

 

Sono stati fatti sforzi notevoli per migliorare l'esattezza dei localizzatori elettronici. Un concetto guida è stato quello di tentare di misurare le caratteristiche di impedenza usando più di due frequenze.

Nell’Endo Analyzer 8005 (Analytic Endodontics, Sybron Dental, Orange, CA, USA) and AFA Apex Finder 7005 (Analytic Endodontics) sono state usate 5 frequenze differenti. Il dispositivo misura entrambe le componenti (fase ed ampiezza) dell'impedenza per ogni frequenza. Questi dati sono poi analizzati attraverso una procedura finalizzata a determinare la posizione del diametro minore (costrizione) (Welk et al. 2003). Il principio che sta alla base di questo dispositivo, tuttavia, è simile al rapporto d'impedenza. Esso rileva il limite apicale del canale determinando un cambiamento improvviso nella componente dominante (capacitiva o resistiva) dell'impedenza. Welk et al. (2003) compararono la precisione di un dispositivo basato sul rapporto d'impedenza (Root ZX) e la precisione dell’Endo Analyzer, e trovarono che la distanza media fra il limite apicale elettronicamente determinato ed il diametro minore era di 1.03 millimetri usando l’Endo Analyzer, e di 0.19 millimetri usando il Root ZX. La percentuale di esatta individuazione della costrizione apicale era del 34.4 % e 90.7 % dei casi rispettivamente.

Pommer et al. (2002) valutarono l'effetto della vitalità della polpa sulla precisione dell’AFA Apex Finder 7005, segnalarono che la differenza fra le misure in canali con le polpe vitali o necrotiche era significativamente differente e conclusero che l’AFA Apex Finder era più preciso nei casi vitali.

 

 

 

 

 

 

Interpretazione dei fenomeni elettrici misurabili

 

 

 

Vediamo di cercare di capire quali sono i fenomeni elettrici misurabili da un ERCLMD, e quali sembrano essere le diversità di funzionamento degli ERCLMDs di seconda generazione rispetto ai dispositivi più recenti, al di là delle informazioni tecniche che ci vengono fornite dalle case produttrici.

L’impedenza rappresenta l’opposizione globale che la corrente alternata incontra nel passaggio attraverso un circuito elettrico. L’impedenza comprende due componenti, resistiva e reattiva, che si sommano fra loro. La componente reattiva include, nel caso dei fenomeni elettrici tissutali misurati dagli ERCLMDs, la sola  reattanza capacitiva, il cui valore varia  a seconda della frequenza della corrente alternata. In un circuito puramente resistivo, la resistenza non dipende dalla frequenza. In un circuito misto, reattivo e resistivo insieme, la componente resistiva esercita una opposizione statica al passaggio di corrente, mentre la componente reattiva esercita una opposizione frequenza dipendente.

Gli ERCLMDs di IIa generazione impiegavano già corrente alternata, e misuravano già un’impedenza. Gli ERCLMDs di IIIa generazione o successivi si propongono di utilizzare più frequenze per avere reattanze diverse, e quindi impedenze diverse: dal confronto o elaborazione delle impedenze diverse deriverebbe la loro capacità di  funzionare ugualmente bene tanto a canale asciutto che in presenza di elettroliti forti.

Per meglio comprendere i fenomeni di cui stiamo parlando, facciamo ora riferimento a due studi pubblicati , che si propongono di valutare i fenomeni elettrici e l’impedenza in particolare, in vivo, in varie situazioni. Entrambi gli studi impiegano per le misurazioni strumentazione non commerciale, ad uso di laboratorio fisico-ingegneristico.

Il primo è di Pilot & Pitts (1997), il secondo di Meredith e Gulabivala (1997) .

Pilot & Pitts (1997) rilevarono in vivo i valori dell’impedenza, su 10 elementi dentali, alla costrizione e a 6 distanze diverse da essa. La valutazione fu effettuata con un processore a segnale digitale, impiegando corrente alternata con 6 diverse frequenze, e 7 condizioni del canale:

 

- canale riempito con RC-Prep

- canale irrigato con alcool isopropilico al 70%

- canale asciugato dall’alcool isopropilico al 70%

- canale irrigato da soluzione sodica di EDTA al 14,45%

- canale irrigato con soluzione salina di NaCl allo 0,9%

- canale irrigato con NaOCl al 5,25%

- canale asciugato dopo irrigazione con NaOCl al 5,25%

 

Numerosi dati interessanti emergono dal lavoro :

 

1) La conduttività, in senso decrescente, nelle condizioni di irrigazione sottoposte a valutazione, era la seguente: NaOCl al 5,25% > Sodio EDTA al 14,45% > soluzione salina > RC-Prep = Alcool isopropilico al 70% (gli ultimi due essenzialmente non conduttivi).

2) La possibilità di avere una predicibilità bassa di errore (cioè valori costantemente e prevedibilmente attendibili) delle misure dell’impedenza era legata alla condizione di canale asciutto, o irrigato con RC-Prep o alcool isopropilico (cioè irriganti non conduttivi). Questo dato è fondamentale: dalla bassa predicibilità di errore dipende una valutazione attendibile dell’impedenza, e da questa una alta predicibilità di misura esatta della lunghezza del canale. Gli errori più frequenti e rilevanti in questo studio si avevano in canali irrigati con soluzioni conduttive.

3) Variando la frequenza della corrente alternata, e mantenendo invariato il tipo di irrigante, il più grande cambiamento percentuale di impedenza si aveva sempre in vicinanza della costrizione, fra 0,25 mm e +0,25 mm. La curva di variazione dell’impedenza, ad ogni lunghezza data, era simile con le diverse frequenze: aumentando la frequenza, l’impedenza diminuiva nei valori assoluti registrati, ma la curva conservava sempre sostanzialmente lo stesso profilo.

4) Mantenendo costante la frequenza e variando il tipo di irrigante, la variazione  percentuale di impedenza più grande si aveva ancora attorno alla costrizione, fra -0,25 mm e +0.25 mm. Procedendo più coronalmente (a partire da -0,50 mm) l’impedenza cambiava  di meno, in percentuale. Più grandi cambiamenti di impedenza alle varie lunghezze si avevano in canali asciutti. Irrigando con NaOCl l’impedenza era uniformemente bassa e le differenze di impedenza alle varie distanze erano impercettibili: solo in estrema vicinanza della costrizione si registrava una variazione (minima) del valore. L’organismo agirebbe come un circuito resistivo-capacitivo (la reattanza induttiva era praticamente nulla).

5) L’impedenza era in relazione reciproca con la frequenza della corrente alternata, per cui alle frequenze più alte l’impedenza era più bassa. Impiegando alte frequenze e irriganti conduttivi, l’impedenza si abbassava fino quasi ad annullarsi, e variava pochissimo a distanze dalla costrizione superiori a 0,25 mm: dal momento che tutti gli ERCLMDs intercettano variazioni dell’impedenza al fine di individuare la lunghezza del canale, in questi casi esiste una situazione non favorevole a produrre una misurazione esatta.

 

E’ difficile non sottolineare che se la descrizione dei fenomeni elettrici di Pilot & Pitts  (1997) è attendibile, gli schemi interpretativi di Huang (1987) si ripropongono come attuali e la messa a punto di ERCLMDs di IIIa generazione e successivi rischia di apparire assai poco giustificata. Essi, paradossalmente, avrebbero la pretesa di misurare i fenomeni elettrici nelle condizioni di misurabilità più difficili, certamente, ma anche meno attendibili.

Ma cosa realmente cambia nel sistema di misurazione degli ERCLMDs più recenti rispetto agli ERCLMDs di IIa generazione, dando per scontato un quadro quale quello descritto da Pilot & Pitts(1997)?

 

Lo studio di Meredith e Gulabivala (1997) ci fornisce elementi assai utili.

Il lavoro valuta un campione di 20 elementi dentali, in vivo. Vennero effettuate misurazioni dell’impedenza nel canale e nei tessuti periapicali, e ogni valore di impedenza venne scomposto da uno strumento di analisi, sotto il controllo di un microprocessore, nelle componenti resistive (resistenze in serie e in parallelo) e reattive capacitive (in serie e in parallelo), con impiego di corrente alternata a due frequenze diverse: 1000 Hz e 1 kHz. Anche in questo caso vennnero misurati i valori di impedenza alla costrizione e a 5 distanze da essa. I canali erano:

 

- asciutti

- irrigati con acqua deionizzata

- irrigati con NaOCl

 

Le misure vennero effettuate con una preparazione minima del canale, appena sufficiente a portare in apice un file #10.

 

Meredith e Gulabivala (1997) riscontrarono quanto segue:

 

1) Non esisteva componente induttiva nei valori di impedenza registrati: resistenza e reattanza capacitiva erano le uniche componenti misurabili.

 

2) Non esisteva relazione fra componenti capacitive (in serie e in parallelo) e lunghezze misurate. La reattanza capacitiva aumentava allontanandosi dall’apice sia nel canale asciutto che nel canale irrigato con acqua deionizzata, ma non era presente una linea di tendenza ad aumentare regolarmente in funzione della distanza dall’apice

 

3) La componente dell’induttanza registrata che aveva maggiore importanza era la RS (resistenza in serie), sia a canale asciutto che in presenza di irriganti diversi. I valori di resistenza media rilevati erano:

 

-  in canali asciutti                             da  22,19 KΩ   a   92,07 KΩ

-  in canali  con acqua deionizzata        da    9,32 KΩ   a   12,10

-  in canali irrigati con NaOCl                da    7,46 KΩ   a    8,92

 

4) Le misure di cambiamenti di resistenza erano pertanto più facili in canali asciutti e questo spiega perché gli ERCLMDs commerciali funzionano meglio in queste condizioni.

 

5) L’entità del cambiamento della resistenza alle varie distanze dall’apice era differente nei canali asciutti alle due frequenze impiegate. Pertanto il rapporto fra i valori di impedenza registrati cambiava quando lo strumento esplorava la zona apicale (e questo chiarisce come gli ERCLMDs lavorano). Il rapporto fra le due impedenze, registrate ai livelli canalare e apicale rispettivamente, non cambiava nei canali irrigati con acqua deionizzata e ipoclorito, e questo influenzava negativamente l’esattezza della misura.

 

Anche dallo studio di Meredith e Gulabivala (1997) pare derivare la stessa indicazione ricavata dal lavoro di Pilot & Pitts (1997): i fenomeni registrabili sono tali da giustificare l’approccio interpretativo tradizionale e pare che non occorra niente di più che uno strumento di IIa generazione per effettuare una misura attendibile.

 

Ma come funzionano allora realmente gli strumenti di IIIa generazione e successivi rispetto a quelli di IIa generazione? Presentano innovazioni di facciata oppure forniscono dei vantaggi reali??

 

Una coerente, logica, spiegazione del loro comportamento in fase di misurazione si ricava proprio dagli studi precedentemente citati. E questa spiegazione trova conferma nella letteratura recente (Križaj et al. 2004, Venturi & Breschi 2005, Venturi & Breschi 2007).

Gli ERCLMDs di IIIa generazione e successivi sono strumenti più adatti a misurare piccoli cambiamenti di impedenza, come quelli che si possono rilevare in vicinanza dell’apice in canali irrigati con soluzioni di elettroliti forti. Questi strumenti sembrano perdere più facilmente “orientamento” non appena si allontanano dall’apice, soprattutto se il canale è asciutto e ha lume stretto. Križaj et al. (2004)  hanno affermato che il vantaggio dei metodi a più frequenze per la determinazione della lunghezza del canale radicolare, poichè misurano il rapporto fra le impedenze misurate (o simulate) a due (o più) frequenze, non possono essere utilizzati per determinare la distanza tra la punta del file e il foramen, poiché i diagrammi dei rapporti d’impedenza non sono lineari e sono difficilmente predicibili.

E infatti è stato osservato che il Root ZX lavora meglio in canali umidi, con apice non troppo stretto e canale leggermente allargato (Venturi & Breschi 2005, Venturi & Breschi 2007). Queste condizioni hanno tutte un effetto comune: producono un abbassamento generalizzato dei valori di impedenza lungo il canale, e una riduzione del gradiente di impedenza corono-apicale. Allo stesso modo è stato riportato che un ERCLMDs di IIa generazione come l’Endo Analyzer 8001 dava invece attendibili “trends di avvicinamento” all’apice in condizioni opposte (canale asciutto e stretto, apice piccolo), ma si dimostrava incapace di affrontare canali ampi riempiti da soluzioni conduttive.

È stato segnalato che sia  l’aumento della  conducibilità della dentina (“dentina permeabile apicale”) che la diminuzione della conducibilità delle soluzioni endocanalari aumentano l’efficacia dei  metodi di localizzazione elettronica basati sulla misura dell’impedenza. Per cui la precisione di questi metodi è migliorata in un canale asciutto (Pilot & Pitts 1997, Križaj et al. 2004). Tuttavia, la terza generazione degli ERCLMDs è stata sviluppata per funzionare con soluzioni conduttive all'interno del canale, cioè nelle circostanze che frequentemente causavano gli errori di misura con i ‘resistance-based’ ERCLMDs (Ushiyama 1983, Huang 1987, Kobayashi & Suda 1994, Meredith & Gulabivala 1997, Nekoofar et al. 2006).

In verità, è cruciale capire i problemi differenti risultanti dalla misurazione delle componenti  reattive piuttosto che delle componenti resistive. Gli ERCLMDs di seconda generazione effettuano fondamentalmente misure di resistenza, che hanno lo scopo di rivelare la variazione di resistenza elettrica del circuito che si verifica mentre il file si avvicina alla costrizione apicale. Il Root ZX funziona alle frequenze di 8 e 400 hertz. Il rapporto fra le due impedenze corrispondenti dovrebbe avere un valore definito, capace di indicare la posizione della punta del file nel canale anche in presenza di soluzioni conduttive. Il Root ZX effettua misure di impedenza con lo scopo specifico di rilevare le variazioni di capacitanza  (Kobayashi & Suda 1994). Ma Meredith & Gulabivala (1997) non trovarono nessuna relazione fra le componenti capacitive e la lunghezza del canale. Osservarono invece che le resistenze in serie erano sempre la componente principale nelle variazioni complesse dell'impedenza dei canali radicolari. L'impedenza in un sistema geometrico, in questo caso il dente e l'ambiente circostante, dipende dalla lunghezza del conduttore, dalla sua  geometria, dalla relativa sezione trasversale e dalla frequenza del segnale (Nyboer 1972).

Alle basse frequenze (<1000 Hertz) la maggior parte di ciò che viene misurato è costituito dalle proprietà della soluzione ioniche, che sono soprattutto valori di conduttanza, mentre alle alte frequenze la permittività elettrica, e quindi la capacitanza, costituisce una parte maggiore dell'impedenza elettrica misurata (Hope & Iles 2004).

La capacitanza è un parametro che dipende sia dalle proprietà elettriche dei materiali facenti parte del sistema che dalla geometria del sistema stesso, e può essere influenzata facilmente da loro modificazioni.

La tendenza a produrre dispositivi capaci di funzionare in presenza di elevata conduttività canalare corrisponde al tentativo di ottenere strumenti capaci di lavorare nelle condizioni meno adatte a fornire una misura precisa (Meredith e Gulabivala 1997, Pilot & Pitts 1997).

Forse sarebbe più razionale utilizzare strumenti meno sofisticati, e cercare semplicemente di ottenere condizioni adatte alla misurazione all’interno del canale, ovvero un maggiore gradiente di impedenza corono-apicale (Meredith e Gulabivala 1997, Pilot & Pitts 1997, Venturi & Breschi 2005, Venturi & Breschi 2007), dal momento che le manovre necessarie ad ottenere queste condizioni sono assai facili e veloci.

Basta ripulire approssimativamente il canale, e asciugarlo con un paio di coni di carta assorbente.

 

 

 

Il Punto

 

 

 

 

Venturi M, Breschi L. A comparison between two electronic apex locators: an in vivo investigation. Int Endod J 2005; 38: 36-45.

Venturi M and Breschi L. A comparison between two electronic apex locators: an ex vivo investigation. Int Endod J 2007; 40: 362-73.

 

 

Esiste consenso generale sul fatto che il trattamento endodontico dovrebbe essere effettuato all'interno dei confini del canale radicolare, con un limite apicale logico, che per la preparazione e l’otturazione dovrebbe essere la parte più stretta del canale.

Tuttavia non è possibile rilevare clinicamente in modo preciso la posizione della costrizione apicale. Va inoltre tenuto in conto che che non è sempre presente, e che quando presente può essere irregolare (Dummer et al. 1984).

Ugualmente, non è logico scegliere il limite apicale in relazione ad una distanza arbitraria dall'apice radiografico, poichè la posizione del foramen non è collegata con l’apice della radice.

Gli ERCLMDs rappresentano uno strumento utile per individuare, anche se indirettamente, il limite apicale più adatto per il trattamento canalare. Il principio su cui si basano la maggior parte dei localizzatori d’apice  è che i tessuti umani hanno determinate caratteristiche che possono essere schematizzate per mezzo di una combinazione di componenti elettrici. Misurando le proprietà elettriche del modello di circuito equivalente (per esempio: resistenza, impedenza) dovrebbe essere possibile rilevare il limite apicale del canale.

La maggior parte dei localizzatori d’apice  moderni è capace individuare il punto in cui si trovano i tessuti del legamento parodontale, esternamente al canale radicolare. Molti studi suggeriscono che 0.5 millimetri dovrebbero essere sottratti dalla lunghezza del file quando il dispositivo suggerisce che si è raggiunto il contatto con il legamento parodontale (lettura zero). Ciò non significa che la costrizione sia stata individuata. Piuttosto significa che lo strumento è all'interno del canale e vicino al legamento parodontale. Non è opportuno fidarsi  di alcun dispositivo che legga -0.5 millimetri del foramen, poichè questo valorte sarà spesso inesatto.

La conoscenza dell'anatomia della regione apicale, l'uso prudente del  mezzo radiografico e l'impiego corretto e ragionato della localizzazione elettronica vanno combinati per ottenere risultati prevedibili, perchè gli ERCLMDs dimostrano ancora problemi di affidabilità in alcune, a volte non prevedibili, situazioni.

Gli strumenti che misuravano valori di resistenza erano negativamente influenzati dalla presenza di soluzioni conduttive nei canali. Questa era una situazione ben definita di interferenza, la si poteva riconoscere clinicamente, e la si poteva evitare ripulendo e asciugando i canali.

Gli strumenti che valutano capacitanze e che impiegano alte frequenze sono invece molto sensibili a interferenze assai più complesse, che hanno spesso a che fare con la geometria del sistema. Esse si verificano in circostanze assai più imprevedibili e sono spesso difficili da interpretare. Per cui queste circostanze spesso non consentono al clinico di poter intervenire in modo preventivo o correttivo.

E infatti gli studi che in letteratura hanno valutato la misurazione dei complessi fenomeni elettrici tissutali sembrano suggerire che non è razionale l'attuale tendenza a produrre dispositivi capaci di funzionare in presenza di elevata conduttività canalare. Essa corrisponde al tentativo di ottenere strumenti capaci di lavorare nelle condizioni meno adatte a fornire una misura elettronica precisa, stabile e costante della lunghezza di lavoro.

 

 

 

 

 

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* Dr. Mauro Venturi

 

 

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